Chi segue Il Bicicletterario
conosce già il rapporto di simpatia e stima che ci lega a questa
apprezzata scrittrice di letteratura per ragazzi. Per la scorsa
edizione, Manuela Salvi ha fatto dono alla nostra antologia di un bel racconto, dal titolo "Il diario della bicicletta"
e magari, nel corso della chiacchierata scopriremo se avremo il piacere
di ricevere un suo nuovo inedito per la terza edizione del Premio...
Siamo
orgogliosi di annoverarla tra i nostri sostenitori, e, avendo avuto la
fortuna di conoscerla personalmente, desideravamo condividere l'incontro
con tutti voi. Niente affatto seriosa, ma molto seria nell'approccio
con ogni sua attività, colpisce per il suo sorriso, spontaneo,
contagioso, pronto a trasformarsi in una coinvolgente risata non appena
se ne presenti l'occasione.
I
giovani personaggi dei suoi romanzi spesso si trovano a dover operare
delle scelte importanti, mettendo il lettore nella condizione
interrogarsi insieme a loro sulla decisione da prendere, in un percorso
di formazione che non si limita alla semplice fruizione estetica del
testo. Dallo scherzo all'ironia alla trattazione di temi scottanti,
Manuela si muove - nella vita come nella scrittura - proprio come una
bicicletta: mettendo insieme l'apparente precarietà sbarazzina della
giovinezza e la profondità di un equilibrio in continuo divenire.
I suoi libri sono pubblicati da importanti editori in diversi Paesi e,
proprio di recente, ha raggiunto l'encomiabile traguardo di vedere un
suo romanzo pubblicato nel Regno Unito, avendolo tradotto personalmente - senza le censure imposte nel Belpaese, grazie all'editore The Bucket List -
in lingua inglese: non è certo da tutti.
Ciao, Manuela. Di te abbiamo ricordi che ti ritraggono sempre sorridente, nei nostri incontri. Parliamo dunque di questo, come prima cosa, se ti va: ti capita spesso di sorridere e ridere nella vita?
Eh si. Anche quando sono in un momento brutto della vita, sono come i bambini: mi basta poco per sorridere. E per quanto riguarda la mia risata, è ormai leggendaria perché solitamente udibile a molti chilometri di distanza. Credo che questa attitudine me l’abbia trasmessa la mia famiglia (formata da parenti e non) in cui circolano parecchi individui che hanno fatto dell’ironia e della battuta la propria arma per superare le difficoltà.
E ora la scrittura: come ha conquistato il posto che ha nella tua biografia?
La scrittura mi è sempre sembrato il mezzo più efficace per cambiare il mondo. E la scrittura per lettori giovani è la massima espressione di questo concetto, perché veicola valori e significati a un pubblico ancora in formazione. Quando ho dovuto decidere cosa fare da grande, dopo aver preso una laurea in grafica all’ISIA di Urbino, l’editoria per ragazzi mi è sembrato il posto giusto per me perché univa la mia voglia di inventare storie a quella di contribuire a migliorare la società parlando di diversità, rispetto e coraggio.
Ecco, hai anticipato in qualche modo una delle domande che volevamo porti: c’è un collegamento tra grafica e scrittura?
A molti la mia sterzata drastica dalla grafica alla scrittura è sembrata strana. In realtà tutte le arti hanno qualcosa che le accomuna, e cioè la necessità di progettazione. A volte si pensa che dipingere, scrivere, creare un video siano il frutto di ispirazione e talento, invece io credo che la progettazione sia l’aspetto fondamentale. Aver studiato grafica mi ha permesso di lavorare su questo, e su come sia importante che ogni idea abbia un concept forte a sostenerla, e di imparare poi come si fa un libro, dalla stampa all’impaginazione, dalle illustrazioni alla grafica. Direi che è un connubio interessante, dà una marcia in più.
Letteratura per ragazzi: è stata quindi una ‘scelta’ naturale?
Sì, io il mondo degli adulti stento a capirlo. L’adulto è spesso in cerca di certezze, arroccato sulle proprie convinzioni per paura di cambiare, mentre i ragazzi sono materia viva, sempre in mutazione, sempre alla ricerca della propria identità e di risposte alle loro domande. O almeno così li vedo io. E io gli assomiglio molto anche adesso, alla veneranda età di 41 anni.
Quanto – e perché – la pratica della lettura è importante per le nuove generazioni?
A questa domanda si rischia sempre di rispondere con tante banalità. Io consiglio la lettura del libro “L’istinto di narrare” di Jonathan Gottschall, in cui si evidenzia il fatto che siamo tutti narratori e che assorbiamo narrazioni di continuo. Dai videogiochi alla religione che ci viene insegnata sotto forma di storie, siamo allenati fin da bambini a ragionare in termini narrativi. Ma dovremmo fermarci a considerare che ognuno di noi scriverà almeno una storia originale: quella della propria vita. È per questo che la lettura è importante, perché allena la nostra immaginazione e ci consente di vedere soluzioni e alternative che sembrerebbero altrimenti impossibili. Leggendo impariamo che le difficoltà sono opportunità, impariamo a risolvere i problemi come sfide, e diventiamo più coraggiosi.
E la scrittura? Non necessariamente creativa…
Nella nostra società si scrive molto di più rispetto al passato: i social, i gruppi di whatsapp, le email. Passiamo gran parte del nostro tempo a digitare parole e questo vale ancora di più per i ragazzi, che spesso si nascondono dietro questi strumenti per sfogare timidezze o aggressività.
Io più che di scrittura in termini generici parlerei allora di “buona scrittura” e di “galateo della scrittura”, per restituire alla parola scritta quello status di mezzo di riflessione per eccellenza. Scrivere significa scegliere le parole per veicolare un messaggio a qualcuno (o a se stessi, se si tratta di un diario) ma spesso nella nostra società manca proprio un tempo di riflessione necessario per compiere questa scelta, perché fare click su “INVIA” è un gesto troppo rapido. Così le parole diventano pietre grezze, fango, scatole vuote, a seconda del contesto. E nascono gli hater sui social e dilaga il cyberbullismo tra i ragazzi e i gruppi di adulti su whatsapp diventano luoghi per sfogare gli istinti più bassi. La parola è diventata merce di consumo come tutto il resto. Non vale niente, è usa e getta. La mia opinione su questa tendenza è molto precisa. Se fossi io a decidere, nelle scuole ci sarebbero molte ore dedicate all’arte della comunicazione attraverso le “nuove” tecnologie, eliminando materie che non hanno più ragione di esistere. Credo che manchi un’educazione di base sul valore della parola scritta e che questo favorisca la povertà di contenuti e di pensiero.
La tua ultima ‘creatura’ editoriale si sviluppa, in ogni sua fase, in un contesto linguistico ‘straniero’. Ci piacerebbe che ci descrivessi questa esperienza…
Difficile da descrivere in poche righe. Come tutti i cervelli in fuga – parziale o totale – sono estremamente orgogliosa della sfida che ho vinto ma allo stesso tempo molto amareggiata per la delusione di dover portare le mie idee e la mia scrittura altrove, in un contesto meno bigotto e censorio.
Questo sentimento ambivalente caratterizza ormai la mia vita. Diventi straniero ovunque, sia nel tuo Paese che nel Paese ospite. La tua identità si complica e anche fare delle scelte ha un peso e un prezzo molto diverso. Però ti arricchisci e cresci in un modo che non avresti nemmeno immaginato.
Ti viene chiesto di auto-promuoverti con uno slogan: quale sceglieresti?
Manuela Salvi. E le mezze misure vanno in vacanza.
Azzeccatissimo, diremmo! Vuoi raccontare a chi ci legge come è avvenuto il tuo incontro con Il Bicicletterario?
Ricordo in particolare un individuo che mi tampinava su Facebook, qualche tempo fa, perché scrivessi un racconto da includere nell’antologia del concorso... Scherzi a parte, un mio collega (Roberto Piumini) aveva partecipato a un’edizione e me ne aveva parlato in termini positivi, perciò quando sono stata contattata non ho esitato a dare la mia disponibilità, anche perché il tema è originale.
Pregi e difetti di questo Premio Letterario? Senza peli sulla… penna (non c'è bisogno di chiederlo)!
Il pregio principale è l’entusiasmo e la professionalità di chi lo organizza. Si sente la cura, la passione, il coinvolgimento e il dispendio di energie e risorse. Questo secondo me regala alla nostra comunità un momento di aggregazione e di cultura, oltre a esporre un argomento importante con cui molte città fanno i conti.
Difetti? Come al solito penso che nel nostro Paese ci si affidi troppo alla passione dei singoli e che le amministrazioni facciano troppo poco per sostenere queste attività spontanee che portano comunque valore aggiunto al territorio. Sarebbe bello che, dimostrata l’efficienza e la qualità, certe iniziative diventassero istituzionali e fossero protette a prescindere da chi occupa la poltrona in quel momento.
Per chi scrive, il tema è stimolante e molto ricco di spunti. Lo scorso anno ho usato la bicicletta come una compagna silenziosa per due ragazzi che crescono all’interno di un’amicizia che si rivela complicata. La bicicletta si presta davvero a centinaia di interpretazioni diverse. Basti pensare a quante storie ha ispirato nel corso del tempo e quanto sia sempre stata il simbolo di qualcosa di più grande: “Ladri di Biciclette”, “La bicicletta verde”, “Appuntamento a Belleville”, per citare alcuni film, ma anche la mitica bicicletta su cui viene trasportato E.T. e che si staglia sull’ormai leggendario sfondo della luna.
Una domanda disinteressata a cui rispondo che sono interessata a far parte della terza edizione. La bicicletta come simbolo di libertà infantile potrebbe essere il mio tema...
Disinteressatamente, non vediamo l'ora di poterlo leggere! Bicicletta e libertà sono due parole spesso associate - come abbiamo sperimentato in innumerevoli casi - nell'immaginario delle persone. Altre parole e temi importanti vanno spesso in 'tandem' con la bici, e questo ci porta alla domanda successiva: la bicicletta nel mondo, oggi: perché?
Forse non c’è un’unica risposta a questa domanda. La mia potrebbe essere che in un mondo sempre più connesso virtualmente e sempre meno “con i piedi per terra”, la bicicletta è una di quelle cose che ci riconnette con la parte più naturale di noi stessi, legata all’aria aperta, al movimento, all’avventura. Personalmente quando visito una città nuova, in vacanza, la prima cosa che faccio è utilizzare il bike sharing per esplorarla a “volo d’angelo”, macinando chilometri e scorci senza dover dipendere dai mezzi pubblici e senza dover arrancare a piedi su strade sconosciute. La bicicletta permette deviazioni inaspettate, percorsi alternativi e meravigliose discese libere.
Verissimo: non è casuale che attorno alla bici si sia sviluppato, negli ultimi due decenni, tutto un modo di intendere la vita che mira a unire il ritorno alla 'naturalità' con un'idea di sviluppo alternativo a quello ovunque proposto alle masse, la cosiddetta 'ciclosofia'. Avremmo davvero voglia di continuare con te a parlare di questo, e di molto altro, per cui, ci prenotiamo per un'altra chiacchiarata, chiedendoti, per chiudere questa, una frase che ti possa descrivere…
Quella del mio profilo Facebook, tratta dal libro “Olivia” di Ian Falconer:
"La sua specialità è sfinire tutti, compresa se stessa."
Il diario della bicicletta
(incipit - dall'antologia de Il Bicicletterario 2016, 'Ruote tra le righe')
L’avrò percorsa con la bici due milioni di volte.
Parte da vicino casa mia, si snoda per dieci chilometri lungo la costa, e muore davanti alla stazione. È battuta dal vento d’inverno, dal sole d’estate, e sempre ci trovi la sabbia caduta dai piedi di chi è stato in spiaggia, dai cani dal pelo arruffato, dai secchielli dei bambini.
Quando i lidi chiudono, sono le tempeste a portare la sabbia, a raffiche.
C’è stata una specie di tempesta anche il giorno in cui ho stracciato il Diario della Bicicletta e ho sbattuto la porta in faccia a Louis.
Louis viene solo d’estate, arriva con le ginestre e va via con il libeccio. Viene dal nord, e ha questo nome che mi è sempre sembrato un po’ scemo.
Perché non poteva chiamarsi come tutti, un normale Giuseppe, Marco, Tommaso?
No, lui è Louis, il figlio del deputato, e ha quell’accento con le “e” strette che ti dà ai nervi.
Ringraziando Manuela Salvi per questo scambio di vedute, ve ne proposiano una biografia affidandoci alle sue stesse parole, come ci
giungono dalla pagina biografica del suo sito ufficiale:
"Sono nata nel 1975, un’eccellente annata. C’erano i cartoni giapponesi, letteratura per ragazzi sovversiva e gelati alla fragola a forma di piede.
La scuola mi annoiava a morte ma amavo leggere. E scrivevo un sacco di storie, quasi tutte su ragazzine ottocentesche che passano molti guai dopo la morte dei genitori.
Ero brava anche a disegnare. Per questo ho studiato illustrazione e grafica all’università. Dopo la laurea pensai di andare a cercare lavoro a Londra, ma un giorno visitai una mostra sugli scrittori inglesi per ragazzi. In una teca in vetro antiproiettile c’erano esposti gli appunti di Harry Potter di J.K.Rowling e in quel momento pensai: “Voglio finire anch’io in una teca come quella.” Ecco come iniziò la mia trasformazione da graphic designer a scrittrice per ragazzi.
Strano a dirsi, più cresco e più mi piace studiare. Deve essere una specie di malattia. Nel 2013, a 38 anni, mi misi persino in testa di fare un master in letteratura per ragazzi in Inghilterra. Mi iscrissi alla Roehampton University di Londra e anche se l’inglese non è la mia prima lingua (dovreste sentire la mia pronuncia!) arrivai fino in fondo. Presi un voto altissimo per la mia tesi su censura e biiip* nell’editoria per ragazzi occidentale.
Ero molto molto molto molto (all’infinito) orgogliosa di me stessa.
E adesso c’è ancora il futuro. Cosa diventerò nei prossimi anni? Quanti altri libri scriverò? Continuerò a tingermi i capelli di fucsia o sceglierò un colore più sobrio, tipo il blu o il verde?
Chi lo sa."
Dal sito della Mondadori (è collaboratrice della nota casa editrice):
Ha conseguito la laurea all'ISIA di Urbino, una delle più prestigiose scuole di grafica e comunicazione.
Ha spedito il suo primo romanzo per ragazzi, di ben ventuno pagine, a un'importante casa editrice quando aveva solo dodici anni e conserva ancora la lettera incoraggiante che le inviarono come risposta.
La sua carriera di scrittrice è iniziata molti anni e molti mestieri più tardi, quando ha cominciato a scrivere romanzi per ragazzi dopo un'esperienza di insegnamento nella scuola superiore. Di recente ha frequentato il corso di sceneggiatura RAI-Script.
Per Mondadori ha già pubblicato il romanzo per young adults E sarà bello morire insieme.
Ha
pubblicato albi e romanzi in Italia (Orecchio Acerbo, Fatatrac, Sinnos,
Lineadaria, Lavieri, Mondadori) e in Francia (Sarbacane); oltre ad
occuparsi di letteratura infantile, lavora come copywriter freelance e
ha scritto testi per campagne pubblicitarie, siti internet, spot
radiofonici. Al momento è impegnata in un dottorato e in vari progetti editoriali in Inghilterra.
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