Sull'ultimo volume dell'antologia de Il Bicicletterairo, 'Giro di Parole', compare un contributo in forma di mini-saggio riguardante gli haiku. Cosa sono? La risposta la trovate nelle parole dell'autrice del contributo, che qui vi riportiamo. Dopodiché, provate anche voi ad inviare un componimento in tale forma per partecipare alla V Edizione de Il Bicicletterario!
Già docente di Scienze Matematiche e Fisiche,
Margherita Petriccione ha amato l’haiku di un amore a prima vista, “come
ai tempi in cui ho scoperto i poeti ermetici italiani” - ci racconta. Dal
litorale di Scauri, all’estremo sud del Lazio, trae ispirazione per molti dei
suoi scritti, pubblicati su quotidiani giapponesi come The Mainichi e Asaki
Shimbun, e su riviste di settore quali Hedgerow, Otata, The Haiku
Foundation, The Mamba, Cattails (antologie e blog). Attualmente è
amministratrice del Lab Zen Haiku Italia e tutor alla Haiku
Column University. è
sorprendente quanto questa apprezzata - e poco compresa - arte giapponese possa
intimamente avere molto in comune con la pratica della bicicletta. Proviamo
insieme a scoprirlo...
Margherita Petriccione
Di haiku in
bike-ku
Imparate ad essere
pino
dal pino,
imparate
ad essere
bambù
dal bambù.
Matsuo Basho
Da qualche tempo, anche in Italia si è sviluppato
un forte interesse per l’haiku e, in generale, per la poesia Giapponese:
la gradita conseguenza è che molti autori italiani, per l’alto livello
raggiunto nelle proprie opere, si sono guadagnati prestigiosi riconoscimenti in
ambito nazionale nonché internazionale.
Come molte delle cose che
ci giungono dall’Estremo Oriente, la tecnica dell’haiku
presuppone sensibilità e conoscenza profonde, un approccio di apertura verso
quanto ci proviene dal mondo e da noi stessi in qualità di parte attiva e
senziente di quel mondo: un risultato raggiungibile soltanto attraverso un viaggio
che ponga l’essenza come meta.
Il successo di una pratica
porta con sé i rischi derivanti dalla diffusione che ne scaturisce, i quali
fondamentalmente si riassumono nell’approccio superficiale in cui si può
intrappolare la filosofia a essa sottesa. In alcuni casi si è assistito a una
deriva salottiera e sensazionalistica, quando invece, sostanzialmente, i momenti
haiku individuano e fissano impressioni pienamente vissute e recepite.
Parafrasando il maestro Matsuo Basho, la scintilla da cui nasce un haiku
è il momento in cui chi scrive diventa ciò di cui sta scrivendo.
Che cos’è dunque l’haiku?
è un componimento giapponese in
17 more (in italiano fatte corrispondere a sillabe), originariamente
disposte su di un solo verso (monoverso), poi più comunemente su tre
versi di 5-7-5 (con conteggio ortografico o metrico: è questa la forma sotto la
quale è conosciuto anche tra i ‘profani’). In realtà, nasce come hokku,
strofa iniziale di una catena di versi chiamata renku e formata da
strofe lunghe (ognuna, appunto, di 17 onji o more e articolata in
tre versi di 5-7-5) e strofe brevi (composte da 14 onji su due versi di
7 ciascuno). Il renku veniva scritto a più mani, durante incontri tra haijin
(maestri) o semplici amanti della poesia tradizionale. è stato proprio Matsuo Basho, indiscusso maestro del genere,
ad innalzare l’hokku ai livelli più alti di poesia, rivoluzionandone
poetica ed essenza; il termine haiku fu coniato successivamente, dal
maestro Masaoka Shiki. Nella sua forma classica, l’haiku contiene un
riferimento diretto o indiretto alla stagione in cui è ambientato (kigo)
e, in prevalenza, due immagini divise da uno stacco (kirej) che
produce un contrasto o una combinazione di elementi (toriawase) tale da
metterle in risonanza. Lo stacco, che può trovarsi alla fine del primo
verso o del secondo e raramente al centro, viene indicato, negli haiku
in lingua giapponese, da una ‘parola che taglia’; in quelli occidentali, di
solito, con un trattino. Nell’haiku devono essere presenti i caratteri
peculiari dell’estetica giapponese, sedimentati ben prima che questa disciplina
fosse istituita formalmente.
Eccone alcuni, la maggior
parte dei quali accomunati dalla nozione buddista (in particolare, Zen)
della transitorietà ed evanescenza della vita:
mono no aware (il phatos delle cose)
wabi (sommessa
e austera bellezza)
sabi
(patina rustica)
shibusa
(che coniuga ruvidità e raffinatezza)
yūgen
(profondità misteriosa)
iki
(stile raffinato)
makoto
(autenticità)
karumi
(leggerezza)
L’haiku è
estremamente semplice nei temi e nel linguaggio, caratteristica che potrebbe
portare qualcuno a credere che sia facile, in fondo, scriverne uno; in realtà
in esso si condensa un istante di profonda comunione con l’universo, mediante
una rappresentazione della realtà scarna e priva di considerazioni personali o
coloriture posticce, un’immagine costruita anche con molti spazi vuoti, di
riflessione e di risonanza, nei quali il lettore può entrare per rielaborare le
proprie sensazioni. Soprattutto, l’haiku è uno stato mentale.
Potremmo prendere ad esempio un componimento tra
i più noti di Basho, per illustrare meglio il concetto:
vecchio stagno
una rana si tuffa
suono dell’acqua
Un haiku molto
scarno, quasi pane secco che, se masticato a lungo, assume sapore e
sazia profondamente. Il soggetto scompare, lasciando il posto a ciò che sta
accadendo. Possiamo agevolmente distinguervi tre momenti separati, espressi con
parole semplici: l’immagine è solo presentata, il poeta l’ha registrata così
come istantaneamente percepita, trasmettendola direttamente alla propria
comprensione, senza intermediazione dell’interpretazione. Dietro le parole, si
cela un profondo significato Zen: una mente tranquilla (forse troppo,
come un immobile stagno che rischia di trasformarsi in palude) viene
risvegliata da qualcosa di apparentemente insignificante, focalizza il contesto
infine partecipando del proprio momento nel Tao. è proprio la mente, serena al punto di ‘svuotarsi’, a
permettere che il soggetto entri in perfetta comunione con l’oggetto.
Dunque, l’haiku,
nella sua semplicità formale, racchiude notevoli e spesso insondabili
profondità.
Attualmente, le scuole di
studio anglofone - come anche alcune italiane e francesi - hanno optato per la
non-obbligatorietà dello schema classico giapponese e della tripartizione
usuale dei versi, per cui è frequente trovare haiku validissimi in due
versi (2ku), quattro versi (4ku) o anche in versione monoverso
(1ku). Inoltre, il kigo, nella collocazione geografica occidentale,
significativamente diversa da quella originaria, ha perso molto della sua
imprescindibilità, a favore della percezione molto chiara di un qui e ora,
ovvero di una precisa collocazione spazio-temporale del soggetto (non mancano
comunque accese divergenze in proposito).
Per
concludere: se la semplice ed essenziale geometria della bicicletta è il
passaggio verso mondi potenzialmente infiniti - da scoprire e ri-scoprire -
ecco che l’haiku potrebbe a buon titolo essere il suo alter ego
poetico. Di seguito, allora, alcuni miei inediti e dei monoverso (1ku)
di Angiola Inglese, a tema:
possano essere di stimolo per i poeti a pedali de Il Bicicletterario.
ombre fuggevoli -
biciclette scivolano
dentro la nebbia
3ku - La nebbia è
generalmente un kigo autunnale.
sera d’autunno -
scomparsa dietro le foglie
la sua bici
3ku - Contiene un buon
esempio di mono-no-aware e di impermanenza (transitorietà delle cose della
vita) insieme a una malinconia di fondo.
quiete serale -
s’affaccia dai glicini
la vecchia bici
3ku - Il glicine è un kigo
di primavera inoltrata.
pungente odore
di aglio selvatico -
la prima bici
3ku - ‘Aglio selvatico’ è un
suggerimento d’inizio estate; qui appaiono molti dei caratteri classici:
mono-no-aware, wabi-sabi, makoto e karumi.
ora di punta -
nei gas di scarico
un ciclista
3ku - ‘City haiku’ senza
kigo, in questo caso.
solchi incrociati di due biciclette -
gelida spuma di mare
2ku - Kigo assente, anche se
la parola ‘gelida’ suggerisce l’inverno.
stella di Natale -
la bici rossa nella vetrina
2ku - Il richiamo a una
festa specifica può considerarsi un kigo (invernale nel nostro caso) ma in
realtà la diffusione mondiale dell’haiku rende necessaria una ridefinizione del
Saijiki (elenco dei kigo).
dal mare grigio
sentore d’inverno -
in un soffio profumato
la bicicletta
4ku - Qui è presente yūgen,
insieme a un accenno di malinconia, sentimento che, mai espresso direttamente,
pervade quasi tutti i componimenti del genere.
nubi in pianura un giro di bicicletta prima che
piova
La scelta qui è di omettere
il kigo, lo stacco può stare prima o dopo ‘in pianura’; cogli il momento sembra
suggerire l’haiku: impermanenza dei fenomeni e invito ad apprezzare appieno
ogni momento.
la ruota a terra nel campo di papaveri un
orbettino
‘Papaveri’ è kigo d’inizio
estate, stacco prima o dopo ‘nel campo di papaveri’; un momento di confusione,
poi l’attenzione viene attratta da un modesto orbettino: un esempio di wabi-sabi,
makoto e karumi.
un velocipede attraverso l’estate fidanzamento
Ecco, ora ne sappiamo tutti di più, a proposito di haiku! Non perdete l'occasione di cimentarvi nel connubio proposto, partecipando a Il Bicicletterario - V Edizione...
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